Sant’Efisio, il piccolo santo che muove le folle
È inarrestabile la fiumana di gente che il primo maggio invade le strade del capoluogo sardo per godersi la festa di Sant’Efisio, la più importante e sentita di tutta la Sardegna; lo fa per vivere quell’istante magico in cui il Santo passa sul suo carretto trainato dai buoi più belli dell’Isola per andare qualche giorno in vacanza a Nora.

Gente per strada, sui balconi, sui gradini, arrampicata ai lampioni. Gente che corre da una parte all’altra e gente che si incavola (e pure molto!) se qualcuno prova a mettersi davanti all’ultimo momento (noi siamo qui dalle 8 sa!), gente che si è portata lo scannetto da casa per stare più comoda e gente che resiste in piedi col mal di schiena. Perché l’attesa è lunga e i gruppi in costume sono tanti e sono uno più bello dell’altro, vengono da ogni parte della Sardegna e sono bellissimi, coloratissimi e tutti diversi, ti incantano, non riesci a staccare lo sguardo, vorresti imprigionarli negli occhi e nella memoria per sempre. O almeno per un anno, fino a quando non tornerai e non rivivrai daccapo la stessa emozione.
Quest’anno è stata la mia prima volta e ci sono andata da sola, ho preso il treno presto (andare in macchina sarebbe masochismo puro) e quando sono arrivata, poco dopo le 9, Largo Carlo Felice era ancora mezzo vuoto e così me la sono presa comoda e sono andata in uno dei miei bar preferiti a fare colazione. Quando dopo una mezz’oretta sono uscita c’era ancora poca gente in giro, ma is traccas iniziavano ad arrivare, quei carri meravigliosi addobbati a festa, trainati da buoi addobbati a festa, con sopra donne, uomini e bambini vestiti in costume.

Ragazzi che meraviglia…mica mi potevo fermare per occupare il posto (e non l’avrei fatto nemmeno se avessi saputo quel che sarebbe successo dopo…) e così ho sfoderato la mia reflex, son salita fino in piazza Yenne dove si stavano radunando ed ho iniziato a scattare a destra e a manca, mi pareva di non fare in tempo talmente tanti erano i dettagli che volevo riuscire a cogliere. Sguardi e sorrisi soprattutto. Perché lo sguardo che c’è in una donna sarda in momenti come quelli è impagabile, ti riporta indietro nel tempo che nemmeno te ne accorgi e sei già in quel mondo lontano, quando quei vestiti li indossavano davvero e non solo in occasione di feste come questa.

E quindi il dopo…quando mi sono sentita appagata dagli scatti che ero riuscita a fare, sono tornata indietro e…ommioddio l’invasione! Si era riempito di gente all’inverosimile! E adesso? Panico, perché non potevo proprio accontentarmi di vedere la processione dalla seconda fila! Ma per una serie di fortunati eventi che non sto qui a dire, sono riuscita ad infilarmi in un posticino in prima fila e così sono riuscita a godermi lo spettacolo in una posizione niente male proprio all’incrocio tra corso Vittorio Emanuele e via Ospedale. Non potendomi sdoppiare, non ho potuto assistere a sa ramadura, perché quella la fanno in via Roma, un lungo tappeto di petali di rose rosse, rosa e gialle che vengono sparse prima del passaggio del Santo; magari l’anno prossimo mi apposterò lì, perché sicuramente questa sarà la prima di tante altre volte!
